Per chi suona la campana

settembre 2008

 

 

 

Come da tutte le parti qualcuno nasce, qualcuno muore...

 

Nel paesino di Barra do Cunhaù, la morte di qualcuno è un fatto di interesse collettivo perchè tutti conoscono tutti.

 

—    Hai sentito? E’ morto Chico faccia di

topo.

—    Sì, ho sentito, ma quando è successo?

—    Oggi nella tarda mattinata.

—    Poveraccio, non  ha fatto neanche in

tempo a pranzare.

Non è una battuta.

 

La voce fa il giro in un attimo e la campana suona a morto.

Se succede di notte, il sacrestano provvede appena albeggia: cinque e mezza - sei, nel bello dell’ultimo sonno.

Io, che come avrete capito dai miei racconti precedenti, sono diventato ipersensibile ai rumori, ho il privilegio della comunicazione ufficiale, di prima mano, qui al primo piano, direttamente dalla chiesa parcheggiata di fronte a casa.

 

La Veronica si premura di conoscere quanto prima il protagonista del decesso. Basta andare sul balcone e interrogare il primo che passa.

—    Chi è morto?   le chiedo

—    No, nessuno

—    Come ”nessuno”?  Ha suonato la campana...

—    Non so, non era mio parente.

C’è del cinismo in Danimarca.

 

Forse a nessuno, tranne ai più prossimi, sembra dispiacere molto.  L’interesse è giusto per la cronaca, qui dove, a parte un morto ammazzato ogni tanto ma per fortuna solo per futili motivi, non succede mai niente che meriti di essere raccontato o ricordato.

O forse, poiché realmente la morte si aggira costantemente tra noi, il sapere che è morto un altro genera inconsciamente il sollievo che anche stavolta non  è toccato a te.

 

Non c’è la stessa attenzione per qualcuno che nasce.

Anche perchè quello che è morto lo conoscevano tutti, invece quello appena nato ancora non lo conosce bene neanche sua madre.

 

—    Hai sentito? Il mese scorso la Carlinha ha avuto un figlio.

—    Sapevo del primo, e adesso un altro?

—    No, con questo sono tre.

—    Santo cielo, ma quanti anni ha?

—    Diciannove.

—    Ah beh, pensavo fosse più giovane. E il padre chi è?

—    Mah, c’è chi dice l’idraulico di Vila Flor, ma non è certo.

—    Già, potrebbe essere chiunque...

 

E poi la campana suona solo quando qualcuno muore.

.............................................................................................................................

 

Alcune volte mi è capitato di sentire uno strano motivo che qualcuno fischia fuori in strada.

E’ un’aria astrusa, sempre la stessa; non è una melodia, è un’articolazione di note un po’ stridente che potrebbe andar bene come musica di fondo di una panoramica delle rovine di una guerra o la colonna sonora che accompagna un’ astronave persa ai confini dell’universo.

Un motivo ieratico che nella sua estraneità trasmette una sensazione di sinistro disagio.

 

Ho cercato diverse volte di vedere quello che ho battezzato Zufolo ma sembra sempre che sia dietro qualche angolo anche se il suono arriva forte e chiaro.

Ho chiesto alla Veronica.

- Sarà uno degli spazzini.

Qui la squadra della nettezza urbana è molto nutrita, due che lavorano, cinque che guardano,

Solo che mi è capitato di sentirlo anche a tarda sera.

Ho richiesto alla Veronica.

- Sarà uno degli spazzini che abita qui vicino ed è andato a farsi un giro.

 

Un giorno, sentendo il solito strano motivo, sono uscito sul terrazzo per riuscire a vedere questo Zufolo.  Il mio vicino era alla finestra.

- Ehi Dinho, chi è questo qui che fischia?

Si è rabbuiato in viso:

- Io non sento niente-  ha risposto arcigno ed è sparito all’interno.

In questa faccenda c’era qualcosa che mi sfuggiva, un collegamento che non riuscivo a mettere a fuoco; finchè una notte mi sono svegliato all’improvviso con un pensiero in testa: Zufolo e la campana.

Ho guardato l’ora: le quattro e mezza. E la sera prima sul tardi Zufolo si era fatto sentire.

Adesso bastava aspettare; se era vero quello che avevo in mente la risposta non sarebbe tardata ad arrivare… certo una risposta decisamente angosciante.

Non è stato difficile restare sveglio, troppo forte era il dubbio.

 

Dalla fessura in mezzo alle imposte comincia a filtrare un fievole chiarore. La lama di luce lattiginosa disegna sulla parete oppostauna figura indistinta che sembra emergere dal buio come un’anima dall’aldilà.

Fuori, un silenzio assoluto.  Strano, penso, non c’è neanche il cinguettìo degli uccelli.

Riguardo l’ora: le cinque e quaranta. Sento il respiro regolare della Veronica, sbadiglio, mi giro e affondo nel cuscino. Ora la stanchezza comincia a prendermi; chiudo gli occhi e come sempre prima di addormentarmi  penso di volare, su dove l’aria è pulita, sulla campagna, sui paesi, sulle case e le chiese e poi planare verso un campanile… che d’improvviso comincia a mandare un suono di campana. A morto.

Mi sveglio, ma la campana continua a suonare…

Zufolo – morto – campana… come mi aspettavo.

Mi alzo per sbirciare dalla finestra ma qualcosa mi fa recedere. Resto appiattito contro la parete. Paura.

..................................................................................................................

 

Un pomeriggio stavamo leggendo sulla terrazza. Ad un certo punto la Veronica mi fa:

- Lo senti? Il tuo Zufolo deve essere qui sotto...

- Io non sento niente –  ho risposto arcigno e sono sparito in bagno a farmi la barba.

………………………………………………………………………………………………………………………

 

Toc toc… Riemergo dalla pennichella sul divano e vado ad aprire.

- Sia lodato Gesù Cristo, sono venuto a benedire la casa.

E’ il parroco. Giovane, vestito con un jeans e una camicia grigia, tiene in mano il secchiello dell’acqua santa con dentro l’aspersorio.

Sono perplesso:

- Ma padre, è ferragosto!

- Il Signore lo si accoglie quando arriva.

- Eh, ma guardi, io veramente sarei buddista… comunque senta, questa casa qui sta cadendo a pezzi,  una benedizione certo male non le fa, venga, entri...

Mi ringrazia, entra con passo strascicato, il poverino è sciancato, ha un sorriso accattivante e uno sguardo vivace.

- Con permesso...

Si muove zoppicando ma deciso come se conoscesse perfettamente la casa.

Benedice e poi si ferma a parlare; si complimenta per il mio tempietto buddista. Dice che è bello che uno abbia una fede, non importa quale e che non ci devono essere rivalità tra le religioni.

- …non come qui, il suo vicino di casa, che è un gran brav’uomo, ma siccome è  messianico mi vede come il fumo negli occhi.

Si accomiata. Chiudo la porta e d’improvviso nell’aria quel motivo fischiato.

Riapro. Zufolo è lui! Sta scendendo con passo incerto le scale fischiettando.

- Padre! Cos’è questa cosa che sta fischiando?

- E’ Langsam mit bewegtem Ausdruck. Anton Webern, dodecafonico, non

lo conosce? Un grande, mi creda.

- Ma fischia sempre la stessa cosa?

- Si, mi fa compagnia. Anche quando vado a confessare un infermo o a dare l’estrema unzione.

Aaaaaaah… ecco che tutto quadra!

L’aria fischiettata che precede la campana, il comportamento del vicino, la stranezza del motivo…

Trattengo per prudenza un vaffanculo di sollievo (1) e avviso:

- Stia attento, questa scala è pericolosa…

- Eh lo so, lo so bene, abitavo qui qualche anno fa.

Rientro e vado sulla terrazza, mi affaccio ma don Zufolo è sparito.

 

Da qualche parte arriva “Langsam mit bewegtem Ausdruck” di Webern, fischiato, forte e chiaro.

 

 

 

(1) L’ultima volta uno (2)  è ruzzolato per la scala. Vedi Il graffito “San Pietro” (2008).

(2) ... e non è il solo.