Il buono, il brutto, il cattivo

febbraio 2007

 

 

La sorte della Tamarindo Ltda è legata a un filo (elettrico) o, in altre parole, siamo a un punto morto.

Credo che per sfortuna siamo capitati in un crocevia di interessi diversi che ci  hanno paralizzato  l'avvio dell'impresa.

Qui incominciare un'attività è la cosa più semplice del mondo. Nonostante esista una  normativa, in pratica niente licenza, niente permessi, nessun controllo, apri e vai, casomai ti aggiusti dopo.

 

Non sto a  raccontarvi tutta la storia, credo che sarebbe un po' noioso (per voi) anche per la complessità di tutta la vicenda; veramente potrebbe essere il soggetto per un film dove i personaggi principali sono un sindaco disonesto (il Cattivo N. 1) la cui  unica occupazione è rubare a mani basse, un politico trombato (il Cattivo N. 2) che cerca di mettere le mani su tutto il  possibile per fare terra bruciata intorno al sindaco, un bieco figuro (il Brutto), longa manu del sindaco.

La sua occupazione  è quella del "fiscale", il suo ruolo quello dell'osservatore/messo comunale. Al contario interviene d'autorità, millantando un potere  che non gli compete, per condizionare ogni attività in accordo con gli interessi del suo boss; una specie di vigile senza  divisa, autorità costituita e licenza elementare.

 

A margine di queste figure un sedicente contestatore, ecologista, che  denuncia tutto e tutti con il dichiarato fine di por fine a questa mafia.

In realtà cerca di ricattare tutte le parti e con  tutti i suoi interventi aggiunge solo veleno alla minestra.

Poi una schiera di personaggi pittoreschi non degni di figurare nei titoli di testa.

 

Arriva un emigrante italiano (il Buono) che, insieme a una ragazza del posto, vorrebbe aprire una piccola attività.

Affitta  la "barraca"(un chiosco vicino al mare) dal Cattivo N.2, senza sapere che ogni attività che porti vantaggio ad uno dei due Cattivi  viene boicottata dall'altro. Gli operai mandati a sistemare la barraca preferiscono rinunciare a continuare il lavoro  intimiditi dal Brutto, che oltretutto è padrone di una barraca vicina: interesse privato in atti d'ufficio, falso ideologico,  millantato credito e violenza privata, ma, quando c'è la politica di mezzo, la giustizia lo sappiamo...

 

Il nostro emigrante percorre tutti i corridoi delle istituzioni in cerca di una soluzione. Tutti sembrano gentili e  disponibili. Tutti danno consigli e indicazioni ma alla fine è solo un gioco kafkiano di depistaggi e circoli viziosi. Allora  decide di scavalcare tutte le proibizioni e aprire comunque la barraca ma scopre che il cavo che porta l'alimentazione  elettrica è stato rimosso.

Ma un nuovo collegamento richiede l'approvazione del Comune... Niente corrente significa niente  bevande fredde, niente ghiaccio, niente illuminazione per la sera, niente forno per pizzette e toast.

L'italiano e la sua  ragazza cominciano a pensare di rinunciare.

 

La vicenda precipita quando tutti gli altri personaggi, in un confronto di forza, convergono nella barraca. Qualcuno ha  collegato l'alimentazione ma l'altra parte cerca di staccarla. Nel trambusto avviene un corto circuito, la paglia del tetto  si incendia. In un attimo la barraca si trasforma in un rogo.

Il fuoco purificatore libera il mondo dalla feccia di Barra do  Cunhaù.

 

Nell'ultima scena un altro fuoco, quello di un forno a legna.

La barraca è ricostruita. Giornata azzurra di sole, sullo  sfondo rumore di spiaggia, di mare, di bambini.

Lei dai tavoli grida: "Due capricciose due al quindici!".

Lui, infarinato  fino ai capelli, sorride e con un movimento delle labbra le manda un bacio.

Nell'aria profumo di sugo, origano e doppia  mozzarella.

Zoomata su un kite-surf che scavalcando le onde va libero verso l'orizzonte.

 

Chissà quando. Al cinema.